di Pierluigi Ametrano (independent resesearcher)
Omar Palermo era uno Youtuber che era solito pubblicare dei video in cui trangugiava enormi quantità di cibo. Lo faceva dalla cucina di casa propria e prima di ogni sfida gastronomica beveva un paio di bicchieri di acqua, talvolta, quando i cibi erano troppo zuccherini, soleva intervallare la sua esibizione mangiando del pollo arrosto, che lui definiva “rinforzante”, cioè gli dava la possibilità di continuare a ingerire dolci, senza avvertire un senso di nausea.
Omar aveva scelto un nome curioso, ovvero era conosciuto come Youtubo anche io, cioè aveva utilizzato il nome del social come un verbo e quindi sottolineare che anche lui partecipava alla produzione mediatica di video. È altresì ipotizzabile, che youtubare sia ormai diventata una parte fondamentale dei processi di soggettivazione, ovvero che attraverso la realizzazione di filmati che riprendono i soggetti, mentre mangiano, si allenano o semplicemente si annoiano, sia ormai una pratica di una tecnologia del Sé che è profondamente mutata. Il Sé ha bisogno di un’immagine speculare ma digitale, di una corporeità fisica ma quantificata in dati matematici, di una socialità reale ma espressa mediante dei network informatici per potersi definire soggetto. È la finzione dell’avatar virtuale a dare realtà alle singolarità contemporanee.
I video di Youtubo hanno raggiunto milioni di visualizzazioni e, sebbene non apparisse in video da almeno un anno, alla sua morte la stampa nazionale ha dato la notizia della sua morte. Omar Palermo aveva 42 anni, era in evidente sovrappeso, ma «era una persona introversa. Non aveva molti amici […] a 18 anni aveva un fisico asciutto, [e] nessuna vita sociale»[1]. Tali affermazioni costituiscono un ulteriore indizio sulla soggettività di Youtubo, ovvero era un narcisista fragile, «la realtà del narcisista fragile è un’altra, la sua grandiosità nascosta, difficile da cogliere dall’esterno, al servizio di standard troppo elevati, è necessaria per regolare l’autostima e svolge una funzione difensiva, proteggendo da antiche ferite e allontanando sentimenti dolorosi di inferiorità e insicurezza, vergogna e timore, ma anche di invidia»[2].
Desiderio, godimento e narcisismo
La prassi di ingerire enormi quantità di cibo in video è denominata Mukbang e deriva dal verbo coreano muok-ja, per l’appunto mangiare, mentre bag è la contrazione coreana della parola broadcast, ovvero canale televisivo. Oltre la performance divoratrice, i video sono privi di parole ma enfatizzano molto la parte sonora della masticazione, tanto da essere definiti con l’acronimo ASMR (Auntonomous sensory meridian response), perché i suoni che producono hanno un piacevole rilassamento mentale, almeno così affermano i fan di tale pratica.
Già in un articolo apparso sul The Guardian del 2011, l’autore affermava: «la civiltà occidentale sta mangiando fino a rimbecillirsi. Viviamo nell’età del cibo»[3], ma in più sottolineava come il lessico legato al cibo si fosse erotizzato notevolmente, tanto che nei menù le pietanze sono solite «riposare su un letto di…», in attesa che il cliente poi le possegga. Altro aspetto su cui si sofferma l’articolo è il ricorso alla parola vero, spesso utilizzata nei menù, ad insinuare non solo che qualcos’altro possa essere contraffatto, ma ad indicare un’antica purezza che è stata riconquistata o, in altri termini, ad una mancanza originaria che è stata colmata, quasi di un desiderio che ha ritrovato il proprio oggetto perduto.
Dal 2012 ad oggi, si è passati dall’eufemismo erotico del lessico dei menù al disfemismo sessuale delle immagini e dei video che sono pubblicati e condivisi sui social. L’ossessione per il cibo è solo la manifestazione più chiara ed evidente di una progressiva cultura del godimento sfrenato, che consuma i corpi dei soggetti così come i corpi divorano i loro pasti.
La voracità di Youtubo e la dinamica dei video sono la traccia di una trasformazione in atto nelle soggettività, o meglio nei processi di soggettivazione, così come sono inseriti all’interno delle moderne tecnologie informatiche. Godimento estremo e narcisismo esasperato trovano nel cibo un legame sottinteso, ma talvolta trascurato, perché è il corpo che tiene insieme questi due aspetti ed è nel corpo che si iscrivono le maggiori conseguenze delle trasformazioni nelle singolarità disperse nella rete.
Nel saggio Introduzione al Narcisismo, Freud afferma che il termine narcisismo definisce «il comportamento di una persona che tratta il proprio corpo allo stesso modo in cui è solitamente trattato il corpo di un oggetto sessuale, compiacendosi cioè sessualmente di contemplarlo, accarezzarlo e blandirlo fino a raggiungere attraverso queste pratiche il pieno soddisfacimento»[4], in altri termini è l’incapacità di volgere la forza della libido verso il mondo esterno. È il corpo che si compiace di sè, è Narciso che non riesce a staccare gli occhi dalla propria immagine, è l’immagine digitale del corpo proprio che mi avvince e dalla quale non riesco a disconnettermi.
Narcisismo e godimento sono i poli di una tensione che non dovrebbe mai finire, perché implicano un cortocircuito; infatti, «quando il godimento non fu più riservato al narcisismo, un altro corpo non ridotto alla propria immagine speculare ne diventò il supporto»[5]. Quando il godimento si stacca dal narcisismo allora il soggetto si apre alla dimensione dell’altro, inteso non solo come alterità ma anche come mondo del fuori. Laddove tale distacco non avviene, allora le singolarità si rinchiudono in una meccanica che si avvita su se stessa, e trova nel corpo il territorio e il campo di azione di tale chiusura, «il soggetto appare trincerato in una posizione radicale di difesa dell’eccedenza ingovernabile della vita»[6].
Staccare il godimento dal narcisismo è invece la possibilità che la dinamica del desiderio si possa instaurare, cioè è la capacità di estrovertere la libido verso altri oggetti, o meglio è lo slancio che porta il soggetto a ricercare una mancanza originaria.
Il godimento non è di per sé un’aberrazione dei processi identitari, lo diviene laddove lo si sgancia dalla castrazione, «castrazione vuol dire che bisogna che il godimento sia rifiutato perché possa essere raggiunto sulla scala rovesciata della Legge del desiderio»[7]. Il godimento si purifica nel desiderio e si rende accessibile al singolo, attraverso la dinamica desiderante la turbolenza delle passioni viene sedata e l’oggetto è reso alla portata del soggetto. Laddove, il godimento va oltre tale meccanismo, allora si arriva a constatare che «il soggetto, una volta che aveva disinvestito il suo desiderio […] è il godimento che viene in primo piano, quello del corpo che si chiama corpo proprio e che il corpo dell’Uno»[8]
Nel godimento emerge la dimensione del corpo, ma del corpo staccato, che si auto-esclude, «si tratta del corpo in quanto si gode»[9], in un compiacimento che non ha altro referente che se stesso. L’approccio consumistico ai corpi è la sintomatologia di un cortocircuito nella soggettivazione, laddove il singolo non esce da un circolo autoreferenziale, perché «il godimento attiene al corpo, vi è aggrovigliato, è indifferente alla verità»[10].
Nei video di mukbnag l’altro è escluso, è fuori, è spettatore, che a sua volta può provare piacere, ma è un piacere distaccato, privo del contatto, anzi che prova un piacere corporale sebbene non tocchi cibo, e la soddisfazione è indotta dal rumore della masticazione. Eppure, l’esposizione dei corpi, delle loro performance e dei loro eccessi è la cifra di un godimento sfrenato che ha al centro una corporeità propria, delimitata ed immediata.
Infatti, il godimento non accetta una pausa o la dilazione che è proprio del desiderio, l’appagamento deve essere istantaneo. Ecco che la jouissance intacca anche la relazione che le singolarità hanno con il tempo; infatti, se il differimento è il tempo del desiderio, che procrastina, volge al futuro la possibilità di cogliere il proprio oggetto, il consumo immediato del corpo trasforma il presente «nello spazio del godimento immediato e del futuro, nella sua indeterminatezza più spinta, lo spazio della riscossione mediata»[11].
L’eterno presente o la presentificazione del futuro sono due termini, di recente introduzione con cui si suole indicare proprio la sparizione del futuro, e la valorizzazione del presente come unica forma temporale. Il presente senza mediazioni è il tempo della rete, della finanza, dell’appagamento sessuale dovuta al flusso di corpi che affollano la rete. Il presente è il tempo del godimento, «l’assoluto del tempo assume oggi la figura del presente, dato che il passato esiste ancora solo come ciò che il presente ha ormai superato e il futuro come ciò che esso è già in grado di anticipare, quanto non addirittura di incarnare»[12].
[1] Macrì C., Morto «Youtubo anche io», in Corriere.it del 19/08/21.
[2] Lingiardi V., Arcipelago N., Variazioni sul narcisismo, Einaudi, Torino, 2021, p. 52.
[3] Poole S., La dittatura della polpetta, The Guardian, in Internazionale n. 972 del 26/10/12.
[4] Freud S., Introduzione al Narcisismo, Bollati Boringhieri, Torino, 2012, p. 17.
[5] Miller J. A., Di Ciaccia A., L’Uno-tutto-solo. L’orientamento lacaniano, Astrolabio, Roma, 2018, p. 92.
[6] Recalcati M., Le nuove melanconie. Destini del desiderio nel tempo ipermoderno, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2019, p. 35.
[7] ivi, p. 65.
[8] ivi, p. 159.
[9] ivi, p. 131.
[10] ivi, p. 254.
[11] MerliniF., L’estetica triste. Seduzione e ipocrisia dell’innovazione, Bollati Boringhier, Torino, 2019, p. 45.
[12] ivi, p. 59.
Stampa questo articolo